Chi siamo

LA PALESTRA - TPO BOLOGNA

E’ trascorso molto tempo da quando, nella vecchia sede del Tpo di Viale Lenin, decidemmo di dare vita all’esperienza della Palestra Popolare. Da quei giorni molte cose sono cambiate: noi, il nostro centro sociale, il mondo che ci circonda, la città che viviamo tutti i giorni. Anche lo spazio che chiamavamo palestra è mutato, ovviamente, nelle persone che lo attraversano e nelle attività che lo animano, al punto che, forse, la denominazione di “palestra” non riesce a sintetizzare tutto ciò che viene fatto, pensato, studiato e sudato (nel senso letterale del termine..) in questo luogo.

Partimmo, qualche anno fa, con una concezione assolutamente classica di palestra e di uso del corpo (almeno per noi, ovviamente..), che concretizzavamo nei corsi di pugilato e di autodifesa: bene, col tempo questo luogo fisico è stato attraversato da una molteplicità di attività, laboratori, stage, seminari, corsi che propongono e sperimentano usi del corpo e della mente tanto diversificati da sembrare quasi inconciliabili: che ci fanno i danzatori sotto i sacchi che servono a tirare di boxe, o gli appassionati della capoeira sotto le volte di quella stranissima arte chiamata “tessuto aereo”? O i teatranti che mettono in scena le loro performance vicino a persone che solevano pesi o si concentrano con uno degli stili dello Yoga? Niente, o forse tutto, pensavamo, tranne poi accorgerci che alcune tecniche dell’autodifesa assomigliano incredibilmente a certi passi di danza, e che due apprendisti pugili che “fanno i guanti” in un ring dalle corde immaginarie sembrano mimare i passi che poco prima, sullo stesso tappeto, sono stati provati dai danzatori di tango.

Quindi ci siamo arresi all’evidenza, e cioè che la pratica sportiva, o del corpo, è un qualcosa di molto più complesso e affascinante delle definizioni accademiche e che si, in questo spazio chiamato palestra, potevano convivere danzatori, teatranti, fanatici della kick boxe, pazzi dei volteggi aerei o, molto semplicemente, persone delle più diverse provenienze che vogliono banalmente “mettersi un po’ in forma e fare un po’ di sport”, senza lo stress del risultato, della competizione, dell’agonismo a tutti i costi, dello specchio sulla parete che ci rimanda l’immagine dei nostri corpi inevitabilmente imperfetti, goffi, troppo magri o troppo grassi ma incredibilmente veri ed autentici.

E quindi abbiamo deciso di riprovare ad aprire questo spazio, che non richiede tute firmate o fisici scolpiti, ma nemmeno permessi di soggiorno o particolari documenti, così da poter essere utilizzato, primi fra tutti, dai frequentatori della scuola di italiano per migranti che a pochi metri di distanza si cimentano in altri studi e altri allenamenti. Del resto l’altra nostra sfida è quella di contribuire, nel nostro piccolo e nei nostri limiti, a promuovere una cultura dello sport inteso come diritto per tutti, senza limiti di età, senza limiti fisici e culturali, di appartenenza sessuale e di genere. Il diritto allo sport visto dunque come un diritto a compiere un’esperienza di maturazione umana e di integrazione sociale e da riconoscere e garantire, a costi ragionevoli e accessibili, come un’importante risorsa di relazione ed interazione sociale e quindi come una preziosa esperienza di democrazia e messa a valore delle potenzialità che ognuno sceglie di mettere in gioco.
Vorremmo, nel tempo, organizzare tutto questo cercando di riportare l’etica all’interno dello sport, oggi spesso ridotto a pura mercificazione, in cui l’organizzazione sportiva è diventato un mero mezzo di accumulazione di capitali e in cui le strategie economiche hanno schiacciato ogni tipo di valore.

Vogliamo praticare un altro sport in cui la competizione sportiva sia uno stimolo e non il fine, in cui si promuova il benessere individuale come educazione alla salute e prevenzione, e non come ricerca forsennata della perfezione assoluta o di modelli di bellezza e salute standardizzati. Praticare un altro sport significa anche aprire possibili scenari di costruzione di una città che si ridefinisce a partire dal suo riscoprirsi multi-culturale e multi-identitaria.

Per farla breve, ti aspettiamo: in palestra!